domenica 21 aprile 2024

Antichi rituali di sacrifici umani: l'incaprettamento femminile

Francia, le sepolture neolitiche rinvenute in grotta
(Foto: stilearte.it)

Uno studio, pubblicato da Science advances, ha portato alla luce un fenomeno inquietante nell'Europa neolitica: più di una dozzina di omicidi rituali di donne, sacrificate secondo un rituale apparentemente legato alle pratiche agricole del tempo.
Il sacrificio delle vittime tramite "incaprettamento" costituiva una pratica frequente nelle regioni dell'Europa neolitica. Il rituale consisteva nel legare il collo delle vittime alle loro gambe piegate dietro la schiena, causandone l'asfissia. Un metodo che faceva della vittima il carnefice di se stessa.
L'indagine che ha portato a questa scoperta ha avuto inizio con lo studio di un'antica sepoltura scoperta a Saint-Paul-Trois-Chateaux, nel sud della Francia, più di venti anni fa. Le due donne sepolte in quel luogo circa 5500 anni fa, sono state ritrovate in una struttura a sezione circolare simile ad un silo, suggerendo una connessione simbolica con le pratiche agricole dell'epoca. Secondo gli studiosi, le donne erano state incaprettate, così da causare l'asfissia, suggerendo che almeno una di esse potrebbe essere stata sepolta viva.
Questo studio ha portato alla luce altri casi simili di sepoltura insolita in Europa durante l'Età della Pietra, con corpi disposti in modo anomalo. Gli archeologi hanno cercato prove supplementari per comprendere se questi omicidi, sebbene violenti, facessero parte di una più ampia tradizione rituale legata all'agricoltura neolitica.
Secondo i ricercatori, la pratica dell'omicidio rituale potrebbe essere iniziata come una consuetudine sacrificale prima dell'avvento dell'agricoltura, per poi essere adottata come parte dei rituali sacrificali legati all'agricoltura durante il neolitico.
Le incisioni rupestri mesolitiche dalla Grotta dell'Addaura, vicino a Palermo, mostrano undici esseri umani e un cervo, in una scena che suggerisce la pratica dell'incaprettamento. alcuni individui sono adornati con maschere a becco di uccello, mentre due figure sono disposte in posizione prona con una corda tesa tra le caviglie e il collo, suggerendo un atto di strangolamento.

Fonte:
stilearte.it

Turchia, scavata un'importante strada romana colonnata ad Antalya

Turchia, gli scavi che hanno fatto emergere la strada 
romana (Foto: ancient-origins.net)

Durante gli scavi lungo la costa sudoccidentale della Turchia che affaccia sul Mediterraneo, ad Antalya, Adalia in italiano, rinomata città turistica, gli archeologi hanno fatto un'importante scoperta. E' stato scavato un tratto parziale di una strada colonnata risalente all'epoca romana. L'influenza di Roma nella regione ebbe inizio nel 133 a.C.
Il tratto di strada colonnato originava vicino alla cinta muraria della città. E' lungo circa 800 metri, ma la maggior parte è rimasto interrato. Finora ne sono stati scavati solo 100 metri.
La città di Antalya è già nota per i suoi eccezionali ritrovamenti di strutture e rovine romane, che hanno contribuito a renderla la quarta città più visitata del mondo. La strada romana, il cui primo tratto è stato scavato, una volta portata alla luce sarà una delle meraviglie di questa antica città.
Gli scavi sono stati condotti in concomitanza con il restauro della Torre Hidirlik e dell'area circostante. Sembra che la strada colonnata collegasse la Porta di Adriano, altra struttura del periodo romano, con la Torre Hidirlik ed infine con il mare. Sono stati ritrovati anche diversi mosaici che si ritiene provengano da un balneum romano e da una domus. Inizialmente la Torre Hidirlik, nota come Hidirlik Kulesi, in turco, in particolare la sezione inferiore, era stata probabilmente utilizzata come mausoleo da un influente senatore romano e dalla sua famiglia. Nel II secolo, però, la municipalità ne tornò in possesso e la torre venne rinforzata e restaurata per essere utilizzata come fortificazione difensiva e faro, data la sua vicinanza alla costa e al porto.
La funzione originale della torre, tuttavia, rimane avvolta nel mistero. Alcuni studiosi ipotizzano che possa essere stata utilizzata, appunto, come tomba, teoria supportata dai frammenti di affreschi conservati all'interno dell'edificio e dalle asce stilizzate presenti sul cancello d'ingresso, altri studiosi cercano conferme a questa supposizione.

Fonti:
ancient-origins.net
lamoneta.it


sabato 20 aprile 2024

Portogallo, rinvenute tre sepolture di età romana

Portogallo, i resti rinvenuti nelle sepolture
(Foto: ERA Arquelogia)

Uno scavo archeologico a Faro, in Portogallo, ha portato alla luce tre tombe dell'antica città romana di Ossònoba. Si tratta di sepolture contenenti i resti di un uomo, una donna e un bambino unitamente ad alcune strutture romane. L'area di scavo è di 5000 mq. Si ritiene che i resti risalgano al V-VI secolo d.C.
Le tombe sembrano essere state saccheggiate in passato per asportare piccoli braccialetti, collane e anelli, dal momento che i defunti sembrano essere di status sociale agiato, dal momento che vennero sepolti in tombe accuratamente costruite e non in tombe aperte.
I resti del defunto di sesso maschile, ad una prima indagine, sembrano essere appartenuti ad un uomo più vecchio della donna, la quale si ritiene fosse un'adolescente oppure una giovane adulta intorno ai 25 anni. Il bambino, invece, era un neonato di non più di sei mesi.
L'area, secondo i ricercatori, è archeologicamente molto interessante, dal momento che ad ovest si trova un convento del XVII secolo e ad est vi è l'area dove è stato rinvenuto il mosaico del dio Oceano, ora tesoro nazionale portoghese. Quello che più ha sorpreso i ricercatori è l'ubicazione delle sepolture. Sulla base di studi precedenti questa era un'area residenziale o, in alternativa, legata ad attività industriale. Ci sono molte tracce di saline. Le tombe si trovano in piena zona urbana.
Le sepolture dell'uomo e della donna erano sigillate con lastre di pietra calcarea che si pensa siano parti riutilizzate di alcuni degli edifici più emblematici presenti nella zona. 
Gli scavi hanno permesso anche il ritrovamento di centinaia di oggetti utilizzati nella vita quotidiana del centro romano: frammenti di ceramica comune, stoviglie, anfore, un dado in osso, chiodi, spilli, un cucchiaio, vasi e molta ceramica sigillata, provenienti per lo più dalle regioni della Gallia del Sud e della Spagna.
Tra le monete ritrovate ne spicca una, coniata durante il regno dell'imperatore Costantino I Il Grande (307-337 d.C.). In un'area meridionale del sito, inoltre, è stata rinvenuta una struttura romana dove sono stati trovati resti collegabili alla produzione metallurgica: in particolare una grande concentrazione di conchiglie frantumate, un materiale da cui veniva estratto il pigmento, la porpora, per la tintura dei tessuti. L'assenza di un serbatoio collegato a questa attività, però, impedisce al momento di confermare che ci fosse, all'epoca, uno stabilimento per la tintura dei tessuti.

Fonte:
portugalresident.com


Somma Vesuviana: la villa di Augusto era veramente la villa di Augusto...

Somma Vesuviana, i resti della villa di Augusto
(Foto: Wikipedia)

Gli studiosi dell'Università di Tokyo hanno individuato potenziali tracce della dimora di Augusto durante le ricerche effettuate a Somma Vesuviana, comune noto per essere stato un luogo di villeggiatura per nobili romani e facoltosi proprietari terrieri durante l'impero romano.
Le indagini condotte negli anni '30 del secolo scorso nel territorio circostante avevano portato alla scoperta di una vasta villa romana.
Sebbene la costruzione della villa risalga al II secolo d.C., ricerche più recenti hanno individuato resti di un edificio più antico, probabilmente risalente all'epoca di Augusto, imperatore dal 27 a.C. fino alla sua morte nel 14 d.C., considerato il fondatore dell'impero romano e del Principato, che perdurò fino alla fine della crisi del III secolo d.C. Secondo i resoconto storici Augusto sarebbe morto in una villa situata sul versante settentrionale del Vesuvio, divenuta in seguito luogo di culto imperiale.
L'analisi scientifica condotta dagli archeologi, utilizzando datazione al radiocarbonio e analisi fisiche e chimiche dei sedimenti vulcanici che ricoprivano l'edificio antecedente, ha confermato che la villa esisteva prima dell'eruzione del Vesuvio del 79 d.C., che distrusse Pompei ed Ercolano. Le ricerche suggeriscono che quest'area venne colpita duramente dall'eruzione, nonostante le precedenti convinzioni che gli effetti fossero meno gravi rispetto ad altre zone.
Somma Vesuviana, uno degli ambienti absidati della villa
(Foto: romanoimpero.com)
Ulteriori prove a sostegno dell'identificazione della villa come residenza di Augusto sono emerse dalle analisi dei materiali vulcanici provenienti da edifici adiacenti. Inoltre, la datazione al radiocarbonio di reperti trovati all'interno delle rovine ha confermato l'epoca della costruzione e dei successivi adattamenti strutturali.
Gli studi sull'edificio del II secolo d.C. hanno evidenziato il riutilizzo di elementi architettonici precedenti, indicando una transizione dalla fase di distruzione a quella di ricostruzione nell'area circostante il Vesuvio.
La villa, termine con cui si indica una residenza con annesse attività produttive, fu scoperta agli inizi degli anni '30 dall'allora direttore degli scavi di Pompei Matteo della Corte che, in seguito a ritrovamenti casuali, aprì un cantiere presto chiuso per mancanza di fondi e per l'inizio della guerra, non prima però che i reperti inducessero a ipotizzare che poteva trattarsi dei resti della villa in cui Tacito afferma si fosse spento l'imperatore Augusto.
Poco più di 20 anni fa, su progetto del Professor Antonio De Simone, gli scavi sono stati ripresi dall'Università degli Studi di Tokyo Komaba, in collaborazione con l'Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli, e hanno portato alla luce numerosi ambienti databili fra il II ed il V secolo d.C., nonché ceneri vulcaniche ascrivibili alle eruzioni del 472 e del 512 d.C.
Somma Vesuviana, la statua di Dioniso trovata
nella villa (Foto: romanoimpero.com)
Dall'area scavata, un ingresso monumentale e alcuni ambienti destinati alla produzione di vino, sono venuti fuori, però, anche dolia databili, dai sigilli che rimandano a famiglie ercolanesi, a prima del 79 d.C., come pure due statue, ora conservate nel Museo di Nola, raffiguranti una peplofora e un giovane Dioniso con pantera, più unico che raro nell'iconografia dionisiaca. E' emersa anche una grande cisterna per l'acqua che risale a prima dell'eruzione del 79 d.C., il che lascia aperte nuove ipotesi. Alcuni ritengono che questa cisterna avesse la funzione di raccogliere l'acqua piovana; altri, invece, sostengono che alimentasse l'Acquedotto Augusteo che partiva da Serino e arrivava fino a Capo Miseno, dove si trovava la flotta dell'Impero Romano. Sicuramente, nelle ultime fasi della sua vita, l'edificio fu una villa rustica dove prevaleva una grande produzione di vino, destinata al commercio.
Nel 2002, con l'arrivo delle campagne di scavo da parte della Missione Archeologica dell'Università di Tokyo, venne alla luce, insieme ai reperti, che la villa, a pianta esagonale, fu seppellita dall'eruzione del 472 d.C., la cosiddetta "eruzione di Pollena". Per le dimensioni, per la struttura e per la preziosità dei materiali utilizzati - le colonne monolitiche sono ricavate da un unico blocco di marmo proveniente dall'Asia Minore mentre il pavimento mosaicato è composto da tessere di colore bianco - la villa doveva appartenere ad un proprietario piuttosto facoltoso.
La villa era stata già abbandonato poco prima dell'eruzione del 472 d.C. e spogliata di tutto, fatta eccezione per la statua di Dioniso. L'edificio venne, poi, adibito a magazzino, come testimoniano un forno - mai usato - una macina usurata e un soppalco utilizzato per deporvi le derrate alimentari.
L'elemento più suggestivo della villa è sicuramente il portale che, in un primo momento, venne ritenuto essere l'ingresso dell'edificio. La decorazione, che interessa un solo lato, è perfettamente conservata: si possono distinguere le pigne d'uva, il flauto di Pan, il cesto di serpenti e tutta una simbologia riconducibile a Dioniso. Il portale, però, non conduce a nessun ambiente abitativo. Attraversandolo, infatti, si arriva su una strada fatta di basalto, molto usurata, che metteva in comunicazione diversi ambienti.

Fonte:
stilearte.it
napolitoday.it
sabapmetropolitana.cultura.gov.it

sabato 13 aprile 2024

Grecia, scoperta una sepoltura nobile nell'antica capitale della Macedonia

Vergina, la tomba appena rinvenuta
(Foto: allthatsinteresting.com)

La costruzione di un nuovo sistema fognario nell'antica città macedone di Aegae (attuale Vergina) ha appena rivelato una splendida tomba antica. I ricercatori ritengono che la sepoltura appartenesse ad un notabile locale e a sua moglie, qui sepolti nel III secolo a.C.
La tomba ha una facciata semplice ed un portale chiuso da un mucchio di pietre. All'interno vi è uno spazio decorato con fasce dorate dipinte disegnate per somigliare a nastri con fiocchi.
L'uomo che vi era sepolto aveva come corredo uno scudo rinforzato con parti in ferro ed una serie di armi ben conservato che dimostrano il segno di un artigianato superiore.
L'uomo non venne sepolto da solo. La facciata della tomba sembra essere stata completata in due fasi, una per lui ed un'altra per una donna, probabilmente sua moglie, anch'essa trovata all'interno del sepolcro. A corredo della sepoltura femminile vennero collocate perline, collane ed una corona di mirto dorato.
Tra le scoperte nel cuore della città, vi è quella della sepoltura di un guerriero accompagnato da oggetti di notevole pregio, compreso un elmo che è stato collocato ai suoi piedi. Nella mano destra dell'uomo vi è anche una spada. E' presente anche una fibula per clamide, un mantello che era solitamente indossato dagli uomini nell'antica Grecia.

Fonte:
allthatsinteresting.com

Filippi, il ritorno di Apollo

Testa del dio greco Apollo ritrovata a Filippo
(Foto: Ministero della cultura greco)

Un team di archeologi dell'Università Aristotele di Salonicco ha scoperto una testa di marmo ben conservata del dio greco Apollo durante gli scavi a Filippi, nel nordovest della Grecia.
Datata al II o III secolo d.C., la testa presenta un giovane dai lineamenti fini con un'onda di riccioli e la consueta corona d'alloro, dettagli - secondo gli archeologi - che identifica la testa come appartenente al dio greco.
La scoperta è stata fatta nel 2023 da un team di 15 studenti guidati dalla professoressa di archeologia bizantina Natalia Poulos, che sta continuando il lavoro dell'Università di Salonicco in corso a Filippi dagli anni '60.
Quando venne scolpita, la statua di Apollo aveva una funzione devozionale, secondo i ricercatori. Tuttavia gli archeologi ritengono che la sua collocazione attuale suggerisca che sia stata riproposta in epoca medioevale e che fosse stata utilizzata come decorazione in una fontana della piazza cittadina. La scoperta, nel contempo, di una moneta raffigurante l'imperatore Leone VI ha portato i ricercatori a suggerire che lo spazio fosse in uso sin dall'VIII o IX secolo.
A differenza di altre divinità greche, Apollo non aveva una valenza simbolica nella Filippi cristiana. E' noto che statue di epoca classica e romana continuarono ad adornare edifici e spazi pubblici nel tardo periodo bizantino (all'incirca dal XIII al XV secolo) e la presenza della statua probabilmente indica una celebrazione sia della squisita arte ellenica che della continuità culturale della città.
La testa è stata rinvenuta a est della strada principale che corre a sud della città di Filippi, nel punto in cui si interseca con l'asse settentrionale della città. I lavori di scavo degli ultimi anni hanno gradualmente portato alla luce una piazza composta da edifici riccamente decorati. L'anno scorso gli archeologi hanno scoperto una statua di Ercole nello stesso sito, che si crede che appartenesse - anch'esso - ad una fontana.
Filippi venne fondata nel 356 a.C. dal re Filippo II di Macedonia, padre di Alessandro Magno. Crebbe in ricchezza e importanza grazie alla sua posizione sulla Via Egnatia, la strada che collegava l'Europa con l'Asia. La sua importanza non diminuì in epoca romana e fu luogo dello scontro tra Marco Antonio e Ottaviano da una parte e le truppe di Bruto e Cassio dall'altra. La città fu anche un importante sito paleocristiano in seguito alla visita dell'apostolo Paolo nel I secolo d.C.

Fonte:
news.artnet.com


Pompei, emerge una splendida sala da banchetto. Sulle pareti immagini della guerra di Troia

Pompei, la stanza appena scoperta con decorazioni che
narrano episodi della guerra di Troia
(Foto: Parco Archeologico di Pompei)

Un imponente salone da banchetto, dalle eleganti pareti nere, decorate con soggetti mitologici ispirati alla guerra di Troia, è uno degli ambienti recentemente portati alla luce durante le attività di scavo in corso nell'insula X     della Regio IX di Pompei e oggi completamente visibile in tutta la sua maestosità.
Un ambiente raffinato nel quale intrattenersi in momenti conviviali, tra banchetti e conversazioni, in cui si respirava l'alto tenore di vita testimoniato dall'ampiezza dello spazio, dalla presenza di affreschi e mosaici databili al III stile, dalla qualità artistica delle pitture e dalla scelta dei soggetti.
Il tema dominante sembra essere quello dell'eroismo, per le raffigurazioni di coppie di eroi e divinità della guerra di Troia, ma anche del fato e al tempo stesso della possibilità, sovente non afferrata, che l'uomo ha di poter cambiare il proprio destino.
Oltre a Elena e Paride, indicato in un'iscrizione greca tra le due figure con il suo altro nome, Alexandros, appare sulle pareti del salone la figura di Cassandra, figlia di Priamo, in coppia con Apollo. Nella mitologia Cassandra era conosciuta per il suo dono di preveggenza e per il terribile destino che le impediva di modificare il futuro.
La presenza frequente di figure mitologiche nelle pitture di ambienti di soggiorno e conviviali delle case romane aveva proprio la funzione sociale di intrattenere gli ospiti o i commensali, fornendo spunti di conversazione e riflessione sull'esistenza.
"Le pareti erano nere per evitare che si vedesse il fumo delle lucerne sui muri. Qui ci si riuniva per banchettare dopo il tramonto, la luce tremolante delle lucerne faceva sì che le immagini sembrassero muoversi, specie dopo qualche bicchiere di buon vino campano. - Sottolinea il Direttore del Parco Archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel. - Le coppie mitiche erano spunti per parlare del passato e della vita, solo apparentemente di carattere meramente amoroso. In realtà parlano del rapporto tra individuo e destino: Cassandra che può vedere il futuro ma nessuno le crede, Apollo che si schiera con i troiani contro gli invasori greci, ma pur essendo un dio non riesce ad assicurare la vittoria, Elena e Paride che con il loro amore politicamente scorretto sono la causa della guerra, o forse solo un pretesto, chi sa. Oggi, Elena e Paride siamo tutti noi: ogni giorno possiamo scegliere se curarci solo della nostra vita intima o indagare come questa nostra vita si intrecci con la grande storia, pensando per esempio, oltre a guerre e politica, all'ambiente, ma anche al clima umano che stiamo creando nella nostra società, comunicando con gli altri dal vivo e sui social".
Il salone misura circa 15 metri di lunghezza per 6 di larghezza e si apre in un cortile che sembra essere un disimpegno di servizio, a cielo aperto, con una lunga scala che porta al primo piano, priva di decorazione.
Sotto gli archi della scala è stato riscontrato un enorme cumulo di materiale di cantiere accantonato. Qualcuno aveva disegnato a carboncino sull'intonaco grezzo delle arcate del grande scalone, due coppie di gladiatori e quello che sembra un enorme fallo stilizzato.
L'attività di scavo nell'insula X della Regio IX è parte di un più ampio progetto di messa in sicurezza del fronte perimetrale tra l'area scavate e non, di miglioramento dell'assetto idrogeologico, finalizzato a rendere la tutela del vasto patrimonio pompeiano (più di 13.000 ambienti in 1.070 unità abitative, oltre agli spazi pubblici e sacri) più efficace e sostenibile.

Fonte:
Parco Archeologico di Pompei

sabato 6 aprile 2024

Iran, trovati i resti di un edificio circolare nel Khorasan meridionale

Khorasan, Iran, i resti dell'edificio appena rinvenuti
(Foto: arkeonews.net)

Gli archeologi hanno scoperto un edificio quasi circolare in mattoni con sei torri, costruito nel VI secolo a.C., vicino a Birjand nel Khorasan meridionale.
Gli scavi nel Khorasan, in gran parte inesplorato, sono iniziati nel 2009 e sono uno dei pochi scavi che sono continuati fino ai giorni nostri. Nell'est dell'Iran solo due siti archeologici erano stati precedentemente scavati: Dahane-i Gholaman nel Sistan a sud del Khorasan
e Tappe Rivi nel nord del Khorasan. 
La località, chiamata Tappe Takhchar-Abad, si trova vicino a Birjand e ai margini di una pianura arida; non sono stati identificati siti contemporanei e correlati. Si trova su una collina semiconica, con un diametro di base di 42 metri e un'altezza di 4 metri, attorno alla quale si trova una fossa larga circa 11 metri, con un canale a nordest che la riforniva d'acqua.
Dopo quattro stagioni di scavi sono stati scoperti i resti di un edificio quasi circolare fatto di mattoni e pisé con un diametro di 18 metri, sei solide torri e muri alti fino a tre metri. Questo edificio è stato completamente coperto e intenzionalmente riempito di sabbia. Inoltre è stato indicato da due sondaggi che questo edificio è stato riempito in due fasi. I test hanno rivelato che è stato intenzionalmente riempito fino a un'altezza di quasi due metri con strati alternati di mattoni rotti o intatti, sabbia e pietre. Dopo che l'edificio venne riempito, alcune strutture furono costruite sopra di esso durante il periodo dei Parti.
Tradizionalmente, i siti circolari sono stati attribuiti al periodo dei Parti, ma prove recenti suggeriscono che la costruzione di questi edifici iniziò nel Grande Khorasan durante il periodo achemenide e che circa dieci di questi siti furono identificati e scavati per la prima volta nella Battria, ad est del Grande Khorasan. Gli archeologi sono stati in grado di dividere e datare la ceramica trovata a Takhchar Abad in due periodi: la Tarda Età del Ferro/periodo achemenide (VII-VI secolo a.C.) e il periodo dei Parti (III-IV secolo d.C.). Il periodo achemenide durò circa 200 anni, dal 550 al 330 a.C. L'impero achemenide governava la più vasta regione imperiale dell'antichità, che si estendeva dal fiume Syr Darya, nell'Asia centrale all'Egitto.

Fonte:
arkeonews.net




Oman, rinvenuto un sigillo estremamente importante

Golfo di Oman, il sigillo rinvenuto
(Foto: H. David-Cuny)

Gli archeologi hanno scoperto un sigillo in pietra tenera risalente alla fine del III millennio a.C. a Kalba, una località costiera nel Golfo di Oman.
Dal 2019 l'Accademia austriaca delle scienze sta effettuando degli scavi nella penisola arabica sudorientale. I ricercatori possono aver individuato per la prima volta le estese reti commerciali che si estendevano dalla regione dell'Indo al mar Egeo circa 4500 anni fa. Secondo i ricercatori la regione del Golfo fungeva da collegamento tra Oriente ed Occidente circa 4500 anni fa.
Kalba è un sito multiperiodale nell'Emirato di Sharjah, negli Emirati Arabi Uniti, sul Golfo di Oman. Venne abitata ininterrottamente dalla prima Età del Bronzo all'Età del Ferro (2500-600 a.C. circa), nonostante i cambiamenti ambientali che resero l'area più arida. La posizione strategica di Kalba ne faceva un eccellente punto di ingresso per le rotte carovaniere che collegavano la terra e il mare. I monti Hajar possono essere ancora attraversati servendosi di questa strada, che permette anche il commercio di merci con la penisola arabica.
Secondo i ricercatori, il tipo di sigillo rinvenuto e prodotto nella regione di Dilmun, può essere datato alla fine del III millennio a.C. Il reperto raffigura un toro e forse un leone in posizione di attacco. Il motivo del toro, ampiamente conosciuto per il ritrovamento su sigilli simili, è influenzato dall'iconografia dei sigilli della valle dell'Indo. Il leone non è rappresentato, però, in questi sigilli, ma è piuttosto riconosciuto come motivo in sigilli cilindrici della regione mesopotamica più occidentale.
I motivi sul sigillo di Kalba sembrano, pertanto, rappresentare una potenziale sintesi delle tradizioni dei motivi orientali e occidentali all'interno di un distinto tipo di sigillo locale nella penisola arabica sudorientale.

Fonte:
arkeonews.net
 


Ferrara, scoperti 12 capitelli romanici nella cattedrale di San Giorgio Martire

Emilia Romagna, uno dei capitelli romanici rinvenuti
nella cattedrale di San Giorgio Martire a Ferrara
(Foto: ilgiornaledellarte.com)

Dopo un lungo intervento di restauro le porte della Cattedrale di San Giorgio Martire, a Ferrara, resteranno aperte restituendo al culto e alle visite il monumento interno della chiesa, uno scrigno d'arte e devozione di origine medioevale ma dall'identità complessa per la stratificazione di interventi artistici che rendono leggibili otto secoli di storia.
L'indagine sui pilastri, intervenuta in seguito al terremoto del 2012, ha rivelato come l'originaria articolazione degli spazi fosse a cinque navate a differenza delle tre attuali, ma soprattutto ha consentito il rinvenimento di 12 capitelli figurati di fattura romanica con tracce di policromia, custoditi per secoli entro poderose strutture portanti che avevano inglobato quelle precedenti.
Tra le immagini scolpite figurano foglie di acanto con tracce di pittura rossa, volti umani, protomi zoomorfe e un leone dal ruggito potente. Questa scoperta costituisce la più rilevante sorpresa regalata dal restauro. I capitelli rinvenuti sono di indiscutibile pregio, di una forza espressiva vicina alla prima fase costruttiva e allo stile di Nicholaus, maestro del Romanico settentrionale autore dei rilievi del mirabile protiro del 1135 incastonato nella facciata.
E' stata condotta una delicata azione per lasciare visibile cinque capitelli e garantire l'accessibilità agli altri attraverso coperture asportabili. I lavori sullo splendido quanto fragile monumento ferrarese, però, non sono tuttavia ancora terminati. Fino a settembre i tecnici saranno all'opera sugli ultimi tre pilastri dell'interno, mentre ancora si attendono notizie certe sull'inizio dei lavori sulle preziose facciate lapidee, in urgenza di restauro come il campanile rinascimentale attribuito a Leon Battista Alberti.

Fonte:
ilgiornaledellarte.com


Sicilia, trovato un teschio a Pantalica

Pantalica, la valle dell'Anapo (Foto: archeomedia.net)

Importante scoperta a Pantalica, nel Siracusano: l'ambientalista Sebastian Colnaghi, durante un'escursione nella valle dell'Anapo, ha rinvenuto un cranio, verosimilmente appartenente ad un essere umano. In seguito al ritrovamento, i carabinieri della stazione di Sortino hanno provveduto al sequestro del cranio, quindi hanno avviato un'indagine per determinare il periodo della sua origine.
Dalle prime analisi è emerso che non è di epoca recente, ma saranno le analisi al carbonio 14 a confermare la sua antichità e fornire ulteriori certezze.
Si pensa che il cranio risalga al periodo compreso tra il XIII ed il VII secolo a.C. e che fosse originariamente custodito in una tomba prima di essere profanata dai tombaroli. La necropoli di Pantalica è uno dei più grandi siti archeologici rupestri d'Europa. Abbracciata dalle gole del fiume Anapo e dai suoi affluenti, ospita oltre 5.000 tombe scavate nella roccia databili dal XIII al VII secolo a.C., testimonianza delle culture preistoriche, sicule e greche che si sono succedute in queste terre.
Pantalica, il cui nome deriva probabilmente dalla parola greca "Pantaleon" che significa "tutto leone", fu il centro di un antico regno conosciuto come il regno di Hybla, rinomato per la sua ricchezza e potenza. Le sue necropoli, suddivise in cinque principali complessi (necropoli nord, sud, Anaktoron, Filiporto e Cavetta), offrono uno spettacolo mozzafiato, con le tombe che si ergono come finestre sul passato, scavate verticalmente lungo le pareti dei canyon calcarei.
Al centro del sito si erge l'Anaktoron, il "Palazzo del Principe", una struttura megalitica che riflette influenze micenee e che è stata interpretata come una possibile reggia o centro cerimoniale.

Fonte:
archeomedia.net


Antichi rituali di sacrifici umani: l'incaprettamento femminile

Francia, le sepolture neolitiche rinvenute in grotta (Foto: stilearte.it) Uno studio, pubblicato da Science advances , ha portato alla luce ...